domenica 12 luglio 2015

La papagna la va in campagna


uno stralcio di medicina popolare del secolo scorso

Agli inizi del 900 era di gran moda fra i contadini e in generale in bassa Italia coltivare, vendere o acquistare questa papagna. Mia nonna racconta che suo padre non ha mai voluto darla a lei e ai suoi fratelli, si limitava a coltivarla per la vendita. Ma per i contadini con una dozzina di figli urlanti al seguito probabilmente era l'unica speranza di avere un po' di pace alla fine di una lunga e faticosa giornata di lavoro. E spesso anche durante. Non erano pochi i genitori che rifornivano di papagna i figlioli anche e soprattutto di giorno, per poter lavorare.

Uno dei bimbi piangeva per il mal di denti? Gli davano questa papagna e via a letto. Sparito il mal di denti e sparito il bimbo (o meglio, il suo pianto) per tutta la notte. Un altro piangeva solo per un capriccio? Papagna anche per lui, capricci sedati e bambino pure. Meraviglioso. Conosco diversi genitori che sarebbero interessati. Ma questa tradizione della papagna è ormai caduta in disuso già a partire dagli anni '50, forse anche alla luce delle nuove informazioni che continuavano a venire fuori sulla pianta.
Un carabiniere in pensione racconta di un bambino che piangeva disperatamente giorno e notte. All'epoca i genitori pensavano che fossero solo capricci, solo molto tempo dopo si resero conto che il piccolo era sordomuto. Naturalmente all'epoca non esisteva una casistica medica così ben fornita cui fare riferimento, per cui prima che la diagnosi venisse azzeccata questa povera creatura ha ingurgitato litri e litri di papagna.

Che cosa è questa benedetta papagna? Benedetta per modo di dire. Anche Alfredo Cattabiani la cataloga come pianta “equivoca”, amica dell'oblio e del torpore.
Quando mia nonna raccontava questi aneddoti, non sapevo cosa fosse. O meglio. Conoscevo la sostanza di cui si parla, ma con un altro nome: oppio.



E' tutto vero! Facevano gli infusi per i bambini con le gigantesche teste del papavero da oppio.
“E dovevi vedere come si addormentavano subito!”, ridono gli ultranovantenni che ancora ricordano.
Non si beveva a tazze o tazzine come qualunque altro infuso (a meno che non si desiderasse incontrare il Creatore dopo il primo sorso) ma a gocce. La forma più curiosa di assunzione è il “pupillo”, termine dialettale rinvenuto nella provincia di Taranto: una specie di ciuccio rudimentale fatto in casa avvolgendo una pallina di zucchero bagnata con poche gocce di infuso in una pezzuola di tela. Oppure si dava da succhiare un pezzo di lino bianco imbevuto di latte, miele e papagna. Pare che il sapore fosse davvero orrendo e che andasse mascherato da una qualche sostanza zuccherina.
Esistono testimonianze di bambini caduti addormentati per due o tre giorni per qualche goccia di infuso in più, lasciando così maggior tempo ai genitori, altri invece sono stati più generosi: sono morti direttamente. Le dosi esatte non erano mai pesate, si faceva a occhio. Qualche volta, appunto, non andava troppo bene.


Conosciuto ed utilizzato dal 5000 a.C. il Papaver Somniferum era conosciuto come il fiore “che dona la gioia e l'ebbrezza”,come risulta da tavolette di argilla in scrittura cuneiforme rinvenute tra il Tigri e l'Eufrate. 
Ippocrate lo prescriveva abbondantemente e per malattie diverse. Ma già dal secolo a lui successivo si cominciò a mettere in guardia sul suo abuso visto che i medici spesso ne somministravano per clistere tanto da procurare la morte di alcuni pazienti. Paracelso stesso morì intossicato dall'oppio. Nella medicina araba fu introdotto da Ibn Sina, meglio conosciuto come Avicenna e anche lui, si dice, stessa fine di Paracelso: avvelenamento da oppio.
Toglie il dolore ma in cambio chiede tantissimo.

Il preparato più famoso a base di questa sostanza double face è sicuramente il laudano (messo a punto da Paracelso), praticamente una tintura di oppio, miscelata ad altre spezie come zafferano, cannella e chiodi di garofano che pare ne mascherassero il cattivo sapore.
Fu utilizzato per secoli come analgesico, sedativo della tosse e contro la diarrea.

L'oppio non è altro che il lattice che sgorga incidendo le capsule immature di questo fiore, il Papaver Somniferum.
Per carità non fateci il gelato o una bibita!

Contiene numerosi principi attivi e molti alcaloidi preziosi utilizzati in medicina come morfina, codeina e narcotina, tra i più conosciuti. Dico preziosi perché tantissime persone soffrono di dolori atroci, spesso perenni e incurabili, tanto da dover ricorrere agli antidolorifici tutti i giorni. Ora, gli antidolorifici (FANS) più potenti, presi quotidianamente e per lunghi periodi, possono causare danni agli organi interni, specialmente alle persone anziane con malattie e dolori cronici.
In questo caso gli oppiacei sono buoni alleati perché risultano sorprendentemente non tossici per l'organismo.
Ma presentano altri inconvenienti.
La qualità della vita spesso ne risente. Non siamo più lucidi, svegli e presenti ma viviamo in uno stato di perenne trance.  
Bastano poche settimane di assunzioni massicce a sviluppare una forte dipendenza sia fisica che psichica.
Il bisogno aumenta a dismisura, le dosi vanno rapidamente in crescendo e le crisi di astinenza in mancanza di somministrazione sono sgradevoli e dolorose spesso quanto il dolore che aiutano a combattere. Ma pare non mettano a rischio la vita.

Invece, proprio per la facile assuefazione dell'organismo e il conseguente aumento del dosaggio, il rischio di intossicazione è sempre dietro l'angolo.
E quello si che mette a rischio la vita.
Questo pare valga quasi esclusivamente per chi decide di sollazzarsi con questa potente sostanza senza averne realmente bisogno.

Degli studi condotti dall'Università di Bologna dimostrano infatti grandi differenze tra chi assume oppiacei per divertimento e chi invece a scopo terapeutico. Pare che negli anziani il rischio di dipendenza sia pressoché nullo, o almeno molto limitato.
Ad esempio i pazienti con intenso dolore avvertono raramente l'euforia causata dalla morfina ma possono mostrare sonnolenza e rilassamento, sicuramente in seguito alla riduzione del dolore.
Insomma, come per quasi tutto, la risposta dell'organismo agli oppiacei è squisitamente personale.

Come avrete intuito, non ho mediricette da consigliarvi, semmai dovrà farlo il medico, e speriamo di no perché non sarebbe un buon segno.
Spero anche di avervi dissuaso abbastanza a non prenderlo in considerazione per il cosiddetto “uso ricreativo”. Non crea nulla, semmai distrugge.
Lasciamolo a chi non può proprio farne a meno: in quel caso è veramente prezioso.

Per concludere con una nota di colore, il nome dialettale “papagna” ha assunto il significato di cazzotto, di qualcosa che comunque mette k.o. 
Ad esempio nell'hinterland romano è nota l'espressione elegante e sofisticata “mò t'arriva 'na papagna”.

Non si scherza con il Papaver Somniferum. Spesso sento dire “tanto sono solo erbe”. Anche la cicuta è solo una pianta. Socrate ne sa qualcosa.

Spero di avervi tenuto buona compagnia.
Oggi un po' più tecnica e meno culinaria. Ma per una buona medicucina le herbette sono indispensabili. E occorre anche conoscere quelle da lasciare esclusivamente in mani esperte.

Un saluto e buona settimana a tutti!



Photo credit: Alastair Rae / Foter / CC BY-SA
Photo credit: jacilluch / Foter / CC BY-SA

3 commenti:

  1. Bellissimo!!!! Veramente bellissimo e divertente. Stavo quasi per andarmi a preparare una papagna:) ma dopo la mia ultima esperienza con il fai da te... ho preferito lasciar stare :) continua così!

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    1. No per carità!! Dai, in fondo era la prima esperienza, poi andrà meglio. Ti basterebbe un po' di aloe...mi raccomando, aloe...non agave!!!
      Grazie per i complimenti, sei il solito tesoro :)

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